Sostenibilità: per l’ambiente è meglio la plastica o il vetro?

Sostenibili plastica o vetro

Vetro o plastica: quale dei due scegliere per realizzare packaging sostenibili in linea con le prerogative dell’economia circolare? Mentre la sostenibilità diventa sempre più centrale nelle tendenze di consumo delle persone e nelle agende dei governi, è necessario per le imprese trovare soluzioni per minimizzare l’impatto di prodotti e packaging. Una strategia comunemente adottata è la progettazione di imballi non o poco inquinanti.

La consuetudine più problematica di molte aziende nella realizzazione di confezioni sembrerebbe l’estensivo ricorso alla plastica. Per questo, sempre più scelgono materiali alternativi (come vetro, carta e cartone, alluminio, esemplari di plastica sostenibile…) e spesso si opta anche per riciclo e riuso.
È qui che, dentro e fuori dall’ambito business, i professionisti si chiedono: la performatività di materiali alternativi come il vetro è davvero così maggiore rispetto alla plastica in termini di sprechi, rifiuti ed inquinamento?

Cosa inquina di più tra vetro e plastica? Parlano i dati

Stando a quanto riportato dall’Eurostat, il 41,2% delle 79,3 milioni di tonnellate di rifiuti da imballaggio prodotte in Europa nel 2020 era in carta e in cartone, mentre il 19,5% in plastica e il 19,1% in vetro. Sempre nel nostro continente, si ricorre al 40% della plastica e al 50% della carta per la produzione di imballi, che costituiscono il 36% dei rifiuti solidi urbani.

Rifiuti generati da packaging nel 2020

Per una valutazione completa della loro resa in termini di sostenibilità, però, si devono considerare anche ulteriori fattori riguardo il loro intero ciclo di vita, oltre che le caratteristiche del loro contenuto. Quindi, vetro o plastica? Quali sono le caratteristiche dei due materiali per la creazione di packaging sostenibili? E quali sono le priorità individuate da norme e regolamenti italiani e comunitari?

Le caratteristiche del vetro: difficile da produrre, facile da riutilizzare

Nella realizzazione di imballaggi sostenibili, molto spesso si opta per l’utilizzo del vetro. Si tratta di un materiale molto apprezzato dai consumatori: stando ai risultati ottenuti da InSites, il 91% dei cittadini europei e il 96% degli italiani ritengono sia la migliore soluzione per la protezione di alimenti e liquidi da deterioramento, e generalmente poco impattante.

Ecco alcuni aspetti da valutare riguardo il vetro per la realizzazione di packaging sostenibili:

  • la fabbricazione del vetro richiede l’uso di materie prime quali sabbia, calcare, carbonato di sodio, ect, la cui estrazione è origine di elevati impatti sull’ambiente;
  • il riciclo del vetro: questo materiale si può riutilizzare più volte e riciclare in modo più facile che la plastica, potenzialmente per sempre senza che la qualità venga meno. Tuttavia, il riciclo del vetro è un processo estremamente impattante, considerando che si svolge in fornaci che necessitano di grandi quantità di energia;
  • la decomposizione del vetro, che poi si mischia con il terreno, non comporta l’emissione di microplastiche, ma può durare fino a un milione di anni.

Le caratteristiche della plastica: facile da produrre, ma con vita breve

Il massivo utilizzo della plastica per packaging trova giustificazione nelle sue principali caratteristiche. Oltre ad essere poco costosa e semplice da creare, ne esistono di diversi tipi e si adatta facilmente a qualsiasi tipo di circostanza e necessità di imballo. Tuttavia, è notevole il suo impatto sul pianeta nel suo arco di vita, specie nel caso della plastica monouso.

Consideriamo infatti un importante aspetto sulla plastica per la creazione di imballi, e cioè che la produzione del 99% della plastica si basa sull’utilizzo di sostanze chimiche provenienti da fonti non rinnovabili, ovvero petrolio, carbone e gas naturale, mentre le bioplastiche costituiscono il 3% della plastica generata in tutto il mondo.

Mentre si combatte sempre più il ricorso alla plastica monouso, le soluzioni sostenibili possibili sono due: riuso e riciclo.
Al 2020 risulta che in Europa si ricicli solamente il 42% di plastica, attività complessa che presenta criticità. Il riciclo della plastica, infatti, è tra le principali fonti dell’intero inquinamento generato da questo materiale. Inoltre, in questo processo diminuisce la sua qualità e molti tipi sono riciclabili una sola volta.

La plastica resta intatta per lunghissimi periodi prima di iniziare il processo di degradazione. Questo può durare anche fino a mille anni, con tempistiche differenti fra le diverse tipologie di plastica. Inoltre, esso comporta l’emissione di microplastiche dall’impatto decisamente nocivo per i nostri ecosistemi.

D’altro canto, aumenta il numero di imprese che sperimenta soluzioni alternative, tra cui anche esempi di plastica sostenibile o bioplastiche.
Questi ultimi sono materiali in plastica prodotta da risorse rinnovabili come alghe, mais, oli vegetali, etc. Sono solitamente biodegradabili e velocemente eliminabili. La loro realizzazione comporta di certo meno emissioni rispetto alle tipologie di plastica generate da fonti non rinnovabili.

Riciclo di rifiuti di plastica
Riuso del vetro

Sostenibilità, riciclo e riuso degli imballi: le normative dell’Europa

Mentre le aziende si adoperano per realizzare le confezioni più adatte alle loro esigenze, la questione della sostenibilità inizia a farsi sempre più sentire da consumatori ed istituzioni. La costruzione di un’adeguata strategia di packaging per un’azienda deve basarsi su criteri che riguardano non solo la tipologia di contenuto (come nel caso dei packaging alimentari) e le prerogative del proprio brand, ma anche i nuovi indirizzi comunitari e nazionali sul tema.

A destare particolare attenzione nelle ultime settimane è il nuovo Regolamento europeo che punta a perfezionare le norme riguardo produzione di imballi e gestione del loro fine vita, individuando graduali obiettivi. La sua bozza, incentrata sull’incentivo del riuso dei packaging più che sul riciclo, aveva suscitato perplessità, specie presso le imprese italiane che puntano sul riciclo in questo ambito.

Tra i punti salienti del nuovo Regolamento:

  • disposizioni mirate alla diminuzione dei rifiuti derivanti da imballaggi, con riferimento anche all’eliminazione quelli superflui;
  • definizione della quantità di materiale riciclato che deve essere presente in diverse tipologie di packaging;
  • definizione di strutture adeguate per il riutilizzo di imballi che garantiscano comunque sicurezza e salute;
  • presenza di un’etichetta che identifichi i materiali delle confezioni;
  • creazione di imballaggi interamente riciclabili dal 2030, con l’identificazione di specifiche quantità di imballi che si intende riciclare a seconda del materiali (generale: 65% dal 2025 e 70%, plastica: 50% e 55%, vetro: 70% e 75%).

E per i tuoi prodotti, meglio vetro o plastica? Scoprilo con l’analisi di HENRY & CO.

E dunque, meglio vetro o plastica? In azienda a rispondere è l’LCA

Una packaging che abbia incidenza zero sulla natura non esiste perché, indipendentemente dal materiale scelto, si generano degli impatti.
In questo, quindi, sono necessarie analisi ponderate che tengano in considerazione più fattori contemporaneamente, ad esempio il peso e la grandezza dell’imballo e la loro incidenza sui trasporti.

L’approccio LCA (Life Cycle Assessment) permette di definire piani più oculati per ridurre al minimo ogni fonte di rifiuti, spreco, inquinamento. In particolare, l’LCA analizza la performatività di un oggetto in termini di sostenibilità e incidenza sull’ambiente tenendo in considerazione ogni suo momento di esistenza (prelievo delle materie prime, fabbricazione, trasporto, etc).

Tale valutazione olistica è presente in metodi basati sull’ecodesign, come quelli adottati da noi di HENRY & CO. Con il nostro supporto, svilupperai la strategia di packaging più adatta alle tue esigenze e alle caratteristiche dei prodotti, tenendo conto della sostenibilità in ogni passaggio.

Infografica su LCA
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